venerdì 25 maggio 2012

IN RICORDO DI OTTORINO RONDONI - IN MEMORY OF OTTORINO RONDONI - EN MEMORIA DE OTTORINO RONDONI



IN RICORDO DI OTTORINO RONDONI
di Sara Brena
tradotto da Costanza e Marta Vicari

INVERNO, MARZO 1945
-tarda mattinata-
“Arrivano, arrivano i Tedeschi!!”
Un gruppo di sette ragazzi partigiani, giovani ma consapevoli di quello che stava per accadere, corrono verso le armi, le impugnano e si mettono in posizione. Non devono avere paura se vogliono sopravvivere, salvare la patria e le proprie idee.
Le barche dei tedeschi approdano sulle rive del lago d’Orta, famoso per la sua bellezza e la sua tranquillità, ma non in quegli anni, non in quel momento.
Due minuti di attesa che sembrano un’eternità poi scoppia l'inferno: soldati nazifascisti sparano, non sanno nemmeno loro verso cosa ma l’importante è uccidere. I partigiani sono coperti con poco anche se il freddo è evidente, gli entra nelle ossa, li fa rabbrividire, ma forse dà anche quella carica necessaria per puntare il fucile contro un uomo e sparare.
Pochi minuti e tutto è finito. I partigiani si guardano attorno, sono tutti lì, tutti e sette feriti, ma vivi.
I tedeschi, invece, si ritirano, ancora più inferociti alla vista di quello che gli era successo. Sulla strada due ragazzi poco più che ventenni sono sdraiati dentro una pozza di sangue rosso scuro che si estende per qualche metro, massacrati di pallottole, le mani chiuse a pugno, con ancora qualche convulsione e gli occhi spalancati sulle pupille grandi; sembra che implorino aiuto e forse vedono la vita che in quel momento se ne va, corre, spazzata via dal vento gelido come qualcosa che mai più ritorna.
-Sera dello stesso giorno-
La cella si è aperta con un tonfo di chiavi, Ottorino Rondoni è in un angolo, affamato, sporco, ansimante, magrissimo e prega. Sì, prega Dio, se esiste, lo prega che tutto questo finisca presto, che possa tornare dalla sua amata, prega che non l’abbiano già presa i fascisti, che non abbiano fatto su di lei cose che nemmeno si possono descrivere o peggio ancora provare.
Un gruppo di Tedeschi con gli occhi accesi di rabbia, lo prende -Dove stiamo andando? In un posto più bello? Mi stanno liberando? Dio esiste allora! -
Ottorino abbandona il carcere di Baveno, speranzoso, incosciente.  Non sa quanto tempo è durato il viaggio ma una mezz’ora sicuro e poi è salito su una barca.
E’ un lago bellissimo, non l’ha mai visto prima e mai lo avrebbe potuto scordare.
In mezzo c’è un’ isola, con una chiesetta, quanto avrebbe voluto entrare per dire una preghiera per i suo genitori. Lo circondano colline piene di verdi prati e qua e là qualche bosco di pini, attorniate a loro volta da alte e massicce montagne innevate. Il sole sta tramontando, si sta nascondendo dietro una vecchia torre, in cima sulla collina più alta, eretta in posizione strategica. - Chissà che bella vista da lassù; ci porterò Carla, oh mia amata Carla, tra poco ti rivedrò. -  Ad un certo punto la barca si ferma, approda ed ecco un bellissimo prato: gli ricorda la sua infanzia, la palla con cui giocava con papà prima che lo portassero via da casa per sempre.
Ottorino ha ventiquattro anni, ha dei sogni, delle speranze, dei progetti con Carla. E’ un partigiano, ha dei suoi ideali da proteggere che lo hanno portato alla guerra, anche ad uccidere. Non riesce a pensare negativo: spera, crede, è sicuro che tutti gli uomini siano buoni e che ora lo lasceranno andare, si faranno perdonare.
Si risveglia dai suoi pensieri con uno strattone e viene buttato su una strada di peso, quei 40 kg non sono niente per un tedesco muscoloso e forte. Non capisce: vede del sangue per terra, è fresco.
Da lì in poi gli cade il mondo addosso, le speranze sono tutte un sogno. - Non mi vogliono liberare mi vogliono uccidere. - Un tedesco, con i riccioli biondi che gli spuntano dal cappello gli punta il fucile addosso, urla un nome e i suoi compagni gli rispondono qualcosa che non capisce. E poi più niente, anzi un colpo, veloce, aguzzo gli trapassa il corpo affilato come una lama di coltello. - Carla! - riesce a dire e poi tutto buio. A ventiquattro anni la Morte l’ha preso con sé.
Come quando una candela, in una stanza scura, si spegne, porta via con sé la luce, i ricordi, le speranze, l’infanzia, la giovinezza e lascia un lungo fumo grigio.

VENERDI' 17 FEBBRARIO 2012
Mio nonno mi ha raccontato molto di lui e della sua esperienza da partigiano.
Quando a scuola mi hanno detto del progetto "Connessioni", non ho avuto dubbi, sono corsa da lui e mi sono fatta raccontare tante di quelle belle storie che dentro di loro portano ricordi, amarezza, perplessità e tristezza. Una di queste è la storia su Ottorino Rondoni, un giovane ragazzo partigiano sacrificato e ucciso per rabbia e rancore dai nazifascisti. Gli hanno dedicato un monumento a Gozzano, nel luogo dove è stato fucilato, sul confine tra Gozzano e Orta, sulla curva appena dopo il ristorante “La Poncetta”.
Quando sono andata a vederlo per la prima volta non potevo credere ai miei occhi: era una piccola stele, una colonna di un metro e mezzo circa attorniata da un cespuglio circolare. E' in mezzo a una curva e nessuno la vede. Una tragedia così grande, una vita spezzata, un ragazzo ventiquattrenne, come noi, vissuto però in un periodo sbagliato. E’ stato fucilato perché aveva ideali, speranze, valori.
Ecco chi era Ottorino Rondoni: un eroe. Per aver sopportato quello che gli è successo, non può ricordarlo solamente una semplice colonnina di roccia ma spero, così, che con questo racconto abbastanza forte e crudo, tutti, da ora in poi sappiano chi è stato e ricordino per sempre Ottorino Rondoni.

Ispirato all'uccisione del giovane partigiano Ottorino Rondoni sulle rive del lago d'Orta. Racconto di Dario Franchini, ex partigiano, nonno di Sara.  

tradotto da Costanza e Marta Vicari

INVERNO, MARZO 1945
-tarda mattinata-
“Arrivano, arrivano i Tedeschi!!”
Un gruppo di sette ragazzi partigiani, giovani ma consapevoli di quello che stava per accadere, corrono verso le armi, le impugnano e si mettono in posizione. Non devono avere paura se vogliono sopravvivere, salvare la patria e le proprie idee.
Le barche dei tedeschi approdano sulle rive del lago d’Orta, famoso per la sua bellezza e la sua tranquillità, ma non in quegli anni, non in quel momento.
Due minuti di attesa che sembrano un’eternità poi scoppia l'inferno: soldati nazifascisti sparano, non sanno nemmeno loro verso cosa ma l’importante è uccidere. I partigiani sono coperti con poco anche se il freddo è evidente, gli entra nelle ossa, li fa rabbrividire, ma forse da' anche quella carica necessaria per puntare il fucile contro un uomo e sparare.
Pochi minuti e tutto è finito. I partigiani si guardano attorno, sono tutti lì, tutti e sette feriti, ma vivi.
I tedeschi, invece, si ritirano, ancora più inferociti alla vista di quello che gli era successo. Sulla strada due ragazzi poco più che ventenni sono sdraiati dentro una pozza di sangue rosso scuro che si estende per qualche metro, massacrati di pallottole, le mani chiuse a pugno, con ancora qualche convulsione e gli occhi spalancati sulle pupille grandi; sembra che implorino aiuto e forse vedono la vita che in quel momento se ne va, corre, spazzata via dal vento gelido come qualcosa che mai più ritorna.
-Sera dello stesso giorno-
La cella si è aperta con un tonfo di chiavi, Ottorino Rondoni era in angolo, affamato, sporco, ansimante, magrissimo e prega. Sì, prega Dio, se esiste, lo prega che tutto questo finisca presto, che possa tornare dalla sua amata, prega che non l’abbiamo già presa i fascisti, che non l’abbiamo usata, fatto su di lei cose che nemmeno si possono descrivere o peggio ancora provare.
Un gruppo di Tedeschi con gli occhi accesi di rabbia, lo prende -Dove stiamo andando? In un posto più bello? Mi stanno liberando? Dio esiste allora! -
Ottorino abbandona il carcere di Baveno, speranzoso, incosciente.  Non sa quanto tempo è durato il viaggio ma una mezz’ora sicuro e poi è salito su una barca.
E’ un lago bellissimo, non l’ha mai visto prima e mai lo avrebbe potuto scordare.
In mezzo c’è un’ isola, con una chiesetta, quanto avrebbe voluto entrare per dire una preghiera per i suo genitori. Lo circondano colline piene di verdi prati e qua e là qualche bosco di pini, attorniate a loro volta da alte e massicce montagne innevate. Il sole sta tramontando, si sta nascondendo dietro una vecchia torre, in cima sulla collina più alta, eretta in posizione strategica. - Chissà che bella vista da lassù; ci porterò Carla, oh mia amata Carla, tra poco ti rivedrò. -  Ad un certo punto la barca si ferma, approda ed ecco un bellissimo prato: gli ricorda la sua infanzia, la palla con cui giocava con papà prima che lo portassero via da casa per sempre.
Ottorino aveva ventiquattro anni, aveva dei sogni, delle speranze, dei progetti con Carla. E’ un partigiano, ha dei suoi ideali da proteggere e che lo hanno portato alla guerra, anche ad uccidere. Non riesce a pensare negativo: spera, crede, è sicuro che tutti gli uomini siano buoni e che ora lo lasceranno andare, si faranno perdonare.
Si risveglia dai suoi pensieri con uno strattone e viene buttato su una strada di peso, quei 40 kg non sono niente per un tedesco muscoloso e forte. Non capisce: vede del sangue per terra, è fresco.
Da lì in poi gli cade il mondo addosso, le speranze sono tutte un sogno. - Non mi vogliono liberare mi vogliono uccidere. - Un tedesco, con i riccioli biondi che gli spuntano dal cappello gli punta il fucile addosso, urla un nome e i suoi compagni gli rispondono qualcosa che non capisce. E poi più niente, anzi un colpo, veloce, aguzzo gli trapassa il corpo affilato come una lama di coltello. - Carla! - riuscì a dire e poi tutto buio. A ventiquattro anni la Morte l’ha preso con sé.
Come quando una candela, in una stanza scura, si spegne: porta via con sé la luce, i ricordi, le speranze, l’infanzia, la giovinezza e lascia un lungo fumo grigio.

VENERDI' 17 FEBBRARIO 2012
Mio nonno mi ha raccontato molto di lui e della sua esperienza da partigiano.
Quando a scuola mi hanno detto del progetto "Connessioni", non ho avuto dubbi, sono corsa da lui e mi sono fatta raccontare tante di quelle belle storie che dentro di loro portano ricordi, amarezza, perplessità e tristezza. Una di queste è la storia su Ottorino Rondoni, un giovane ragazzo partigiano sacrificato e ucciso per rabbia e rancore dai nazifascisti. Gli hanno dedicato un monumento a Gozzano, nel luogo dove è stato fucilato, sul confine tra Gozzano e Orta, sulla curva appena dopo il ristorante “La Poncetta”.
Quando sono andata a vederlo per la prima volta non potevo credere ai miei occhi: era una piccola stele, una colonna di un metro e mezzo circa attorniata da un cespuglio circolare. E' in mezzo a una curva e nessuno la vede. Una tragedia così grande, una vita spezzata, un ragazzo ventiquattrenne, come noi, vissuto però in un periodo sbagliato. E’ stato fucilato perché aveva ideali, speranze, valori.
Ecco chi era Ottorino Rondoni: un eroe. Per aver sopportato quello che gli è successo, non può ricordarlo solamente una semplice colonnina di roccia ma spero, così, che con questo racconto abbastanza forte e crudo, tutti, da ora in poi sappiano chi è stato e ricordino per sempre Ottorino Rondoni.

Ispirato all'uccisione del giovane partigiano Ottorino Rondoni sulle rive del lago d'Orta. Racconto di Dario Franchini, ex partigiano, nonno di Sara.  




IN MEMORY OF OTTORINO RONDONI

WINTER, MARCH 1945
Late in the morning
“They are coming , the Germans are coming!”
A group of seven partisan boys, young but aware of what was going to happen, run to the arms, grasp them and go to their positions. They mustn’t be afraid if they want to survive, to save their birthplace and their own ideas. The German ships land ashore of Lake Orta, famous for its  beauty and its tranquility, but not in those years, not in that moment.
Two minutes’ wait, an eternity, then all hell breaks out : nazi-fascist soldiers shoot, they  don’t even know what at, but the important thing is to kill.  
The partisans are wearing light clothes even if it’s clearly cold , it enters their bones , it makes them shiver but maybe gives that necessary charge to point the rifle at a man and shoot.
A few minutes later and it’s all over . The partisans look around , everybody is there , all seven are wounded, but alive.
The Germans , instead, are running, more and more enraged at the view of what has happened. There on the road two boys , a little more than 20 years old, are lying in a pool of blood  which extends a few metres, full of bullets, their hands closed  in a fist , with convulsions and their eyes opened wide; they seem to implore help and maybe they can see their life running out, swept away by  a frozen wind like something that will never come back.
The same day in the evening
The cell is opened with the noise of keys, Ottorino Rondoni is in a corner: hungry, dirty, breathless, very thin and praying. Yes, he is praying to God , if he exists , he is asking that all this may end as quickly as possible, that he could go back to his girlfriend , he is praying that the fascists haven’t already taken her away, that they haven’t used her or done indescribable things to her or even worse.
A group of Germans with their eyes lit up with rage pick him  up , “ Where are we going? To a better place? Are they setting me free? Then God exists!” .
Ottorino leaves the prison of Baveno , hopeful , unconscious. The car leaves, he doesn’t know how long the journey lasts, but certainly half an hour and after that he goes to a boat , it is a beautiful lake that he has never seen before and he could never forget. In the middle of the lake there is an island , with a small church,  how he wishes he could go in and say a prayer for his parents. Hills full of green meadows surround him , and here and there , some pine woods, surrounded  by high mountains covered with snow.
The sun is setting, it is hiding behind an old tower on the top of the highest hill, standing in a strategic position.  “ Who knows what a wonderful view there is from up there, I’ll take Carla, oh my beloved Carla, soon I’ll see you again!”. Then the boat stops at a beautiful meadow: that reminds him of his childhood, when he played ball with his father before the Germans took him away forever. Ottorino is 24 years old, he has dreams, hopes, plans with Carla. He is a partisan, he has ideals to protect, to live and that brought him to fight in the war and to kill people, too. He can’t think negative: he hopes, he believes, he is sure that every man is good and now if they release him he will forgive them.
He wakes up from his thoughts with a strong jerk and the Germans throw him  along a road , those 40 kg are nothing for a strong German . He doesn’t understand: he sees blood on the road , it’s fresh . Now everything is clear, all hopes are a dream. “They won’t let me free , they want to kill me! A German with curly blonde hair coming out from under his hat aims a rifle at him, he screams a name and his mates answer something which he doesn’t understand. And then nothing, or rather a fast, pointed shot , goes through him , sharpened like the blade of a knife. “ Carla!” he manages to say and then darkness. He is only 24 when death takes him away. Like a candle which is put out in a dark room: light, memories, hopes, childhood, youth leaving only a long whiff of grey smoke.

FRIDAY 17TH FEBRUARY 2012
My grandfather told me many stories about him and his partisan experience , when at school they told me about the project “connections” , I had no doubts , I rushed straight to him and he told me a lot of great stories that carry many memories , bitterness , confusion and sadness. One of these is the story about Ottorino Rondoni , a young partisan boy sacrificed and killed for anger and resentment by the fascists. A monument was dedicated to him in the place where he was shot, on the border between Gozzano and Orta, on the curvebend just after the restaurant “ La Poncetta”.
When I went to see him for the first time, I couldn’t believe my eyes: it was a small stone, a column of one metre and an half , surrounded by a circular bush; it is on a bend in the road and nobody  can see it. Such a huge tragedy ,a broken life, a twenty-four years old boy, like us , that lived  at the wrong time. He was shot because he had ideas, hopes, values; that was Ottorino Rondoni: a hero.
To have lived through those terrible experiences:  Ottorino Rondoni cannot be remembered only with a simple column, and I hope that thanks to this tale with its intensity, everyone will remember  Ottorino Rondoni.                    



EN MEMORIA DE OTTORINO RONDONI

Invierno, marzo de 1945
A media mañana
¡Llegan, llegan los alemanes!
Un grupo de siete chicos partisanos, jóvenes pero conscientes de lo que estaba por occurir, corren hacia las armas, las empuñan y se ponen en posición. No deben tener miedo, si quieren sobrevivir, defender a su patria y sus ideas.
Las lanchas de los alemanes atracan a las orillas del Lago de Orta, conocido por su belleza y tranquilidad, pero no en aquellos años, no en aquel momento.
Dos minutos de espera que parecen una eternidad, después estalla el infierno: los soldados nazifascistas disparan, no saben ni ellos contra qué cosa pero lo importante es matar. Los partisanos están cubiertos con poco aunque si el frío es evidente, les entra por los huesos, los hace tiritar, pero quizás da tambien la carga necesaria para apuntar el fusil contra un hombre y disparar.
Algunos minutos y se acaba todo. Los partisanos miran a su alrededor, están todos allí, los siete heridos pero vivos.
Los alemanes, en cambio, se retiran, aún más enfurecidos a la vista de lo que ha sucedido. Allí en la calle dos chicos de poco más de veinte años están tirados en un charco de sangre rojo oscuro que se extiende por algunos metros, masacrados por balas, los puños cerrados, todavía con algunas convulsiones y los ojos abiertos de par en par sobre las grandes pupilas, parece que imploran ayuda y quizás ven la vida que en aquel momento desaparece, corre, arrastrada por el viento gélido como algo que nunca regresa.

Tarde del mismo día
La celda se abrió con un ruido de llaves. Ottorino Rondoni yace en un rincón, hambriento, sucio, jadeante, delgadísimo y ruega. Sí, ruega a Dios, si existe, le ruega para que todo esto termine pronto, así que pueda regresar a su amada, ruega que no la hayan cogido ya los fascistas, que no se hayan servido de ella, que no hayan hecho con ella cosas que ni siquiera se pueden describir o, aún peor, vivir.
Un grupo de alemanes con los ojos encendidos de ira, lo coge, “ ¿A dónde vamos? ¿A un lugar más lindo? ¿Me han liberado? ¡Entonces Dios existe!”
Ottorino abandona la cárcel de Baveno, esperanzado e incosciente. El coche parte, no sabe cuánto tiempo ha durado el viaje, sin duda una media hora al menos y después sube a un barco. Es un lago estupendo, no lo ha visto nunca antes y nunca más lo podrá olvidar. En el centro hay una isla con una pequeña iglesia, cuánto le habría gustado entrar para decir una oración por sus padres. Lo rodean colinas llenas de prados verdes y por aquí y por allá algunos pinares, rodeados a sus veces de altas montañas majestuosas y nevadas. El sol se está poniendo, se esconde detrás de una vieja torre, en la cumbre de la colina más alta, erigida en posición estatégica. “¡Qué panorama tan bonito desde allì! ¡Te llevaré Carla, mi amada, dentro de poco volveré a verte!” De pronto el barco se para, atraca y he aquí un prado estupendo; se acuerda de su niñez, del balón con el que jugaba con su padre antes de que se lo llevaran para siempre. Ottorino tenía veinticuatro años, tenía sueños, esperanzas, proyectos con Carla. Es un partisán, tiene sus propios ideales que proteger para vivir, que lo han llevado a la guerra y obligado también a matar. No puede pensar negativamente: espera, cree, está seguro de que todos los hombres son buenos y que ahora lo dejarán ir, se dejarán perdonar.
Se despierta desde sus pensamientos con un tirón y lo arrojan a una calle, sus cuarenta kilos no son nada para un alemán musculoso y fuerte. No comprende: ve sangre en la calle, es fresca. Desde aquel momento, se le cae el mundo encima, las esperanzas son todas un sueño: “¡No me quieren liberar, quieren matarme!”.
Un alemán, con los rizos rubios que salen del casquete, le apunta el fusil, grita un nombre y sus compañeros le responden algo que él no entiende. Después nada, o más bien un golpe, rápido, penetrante, atraviesa su cuerpo, afilado como la hoja de un cuchillo. “¡Carla!”, pudo decir y después todo oscuro. A los veinticuatro años la Muerte se lo ha llevado. Como cuando una vela, en una habitación oscura, se apaga: se lleva la luz, los recuerdos, las esperanzas, la niñez, la juventud y deja sólo un largo humo gris.

Viernes, 17 de febrero de 2012
Mi abuelo me ha contado muchas historias sobre él y su experiencia como partisán. Cuando en la escuela me dijeron del proyecto “ CONEXIONES” no tuve dudas, corrí hacia él y le pedí que me contara muchas de aquellas historias lindas que llevan consigo recuerdos, amargura, perplejidad y tristeza. Una de éstas es la historia de Ottorino Rondoni, un partisán joven, sacrificado y matado por rabia y rencor por los nazifascistas. En Gozzano le han dedicado un monumento, en el lugar donde lo fusilaron, en el confín entre Gozzano y Orta, en la curva apenas después del restaurante “La Poncetta”.
Cuando fui a verlo por primera vez, no lo podía creer: era una pequeña estela, una columna de un metro y medio más o menos, rodeada de un matorral circular; está en el centro de una curva y nadie puede verla. Una tragedia tan grande, una vida destruida, un chico de veinticuatro años sólamente, como nosotros, pero que vivió en el momento equivocado. Asesinado porque tenía ideales, esperanzas, valores; esto era Ottorino Rondino: un héroe. Por todo lo que ha sufrido, una simple columna de piedra sólamente no es suficiente para recordarlo; por eso espero que con este cuento fuerte y cruento, todos, desde ahora, sepan quien era Ottorino Rondoni y lo recuerden para siempre.



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